A.C. 4394
Grazie, Presidente. L'Aula esamina oggi, come da lei ricordato, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 13 del 2017. Io mi soffermerò naturalmente sugli ambiti di competenza della Commissione giustizia in quanto gli ambiti e i profili più riguardanti la I Commissione e il Ministero dell'Interno verranno trattati dal collega Naccarato.
Quindi, inizio, come d'uso, dall'articolo 1. Ricordo che questo decreto istituisce, presso alcuni tribunali ordinari, delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. Il decreto-legge prevedeva originariamente l'istituzione di sezioni specializzate in quattordici tribunali ordinari, che venivano individuati sulla base dei dati relativi al numero delle domande di protezione internazionale esaminate nel biennio 2015-2016 dalle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione.
Poi, in sede di conversione innanzi all'altro ramo del Parlamento, il Senato, si è deciso di ampliare sostanzialmente la previsione che ricordavo poc'anzi delle quattordici sedi e si è previsto quindi che le sezioni specializzate siano istituite presso ogni tribunale distrettuale, quindi in ogni tribunale che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d'appello; i giudici che compongono queste sezioni vengono scelti fra magistrati che sono dotati di specifiche competenze.
Infatti, questa predisposizione si connette strettamente a quella successiva, di cui all'articolo 2, dove viene previsto che la composizione delle sezioni specializzate non determina un aumento dell'organico. Pertanto, le sezioni dovranno essere composte da giudici che sono già in servizio e vengono scelti in quanto sono dotati di specifiche competenze in materia.
Per quanto riguarda la formazione dei magistrati che vogliono ottenere una specializzazione in materia, viene prevista l'organizzazione dalla Scuola superiore della magistratura in collaborazione con le ASL e l'UNHCR di specifici corsi di formazione.
Passando quindi in rassegna l'articolo successivo, cioè l'articolo 3, viene stabilito che la competenza per materia delle sezioni specializzate, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, è suddivisa in un elenco che prevede, alla lettera a), la competenza per le controversie in materia di mancato riconoscimento del diritto di soggiorno in favore di cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari; alla lettera b) per le controversie in materia di allontanamento dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari e, inoltre, per le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale e per i procedimenti per la convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento e la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale e per le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria, nei casi di cui all'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo n 25 del 2008.
Ovviamente, queste sono le due questioni più rilevanti ai fini e ai sensi anche del titolo del decreto-legge che è oggi in discussione, che appunto si prefigge come obiettivo quello dell'accelerazione delle procedure di riconoscimento della protezione internazionale.
Inoltre, vi era nel testo originario del Governo una lettera e) che prevedeva la competenza per le controversie in materia di diniego del nullaosta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, ma, nel corso della conversione di questo decreto-legge al Senato, è stata introdotta una lettera e-bis) con la quale viene assegnata alle sezioni specializzate anche la competenza per le controversie che hanno ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti adottati dall'autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all'esame della domanda di protezione internazionale, quella che nel nostro ordinamento viene rubricata come “Unità Dublino”.
Le sezioni specializzate sono inoltre competenti in materia di accertamento dello stato di apolidia e anche in materia di accertamento dello stato di cittadinanza italiana e, naturalmente, per tutti i procedimenti che prevedano e presentino ragioni di connessione con quelle dei commi 1 e 2.
All'articolo 4 viene individuata la competenza territoriale e anche qui, rispetto al testo licenziato dal Consiglio dei Ministri, si è avuta una modifica in sede di conversione al Senato, laddove infatti è stato previsto che le sezioni specializzate, anche in virtù del cambiamento e dell'ampliamento del loro numero, seguono, come criteri di competenza territoriale, in primo luogo, sostanzialmente in base al luogo in cui ha sede l'autorità che ha adottato il provvedimento impugnato e, secondariamente, in base al luogo in cui ha sede la struttura di accoglienza governativa del sistema di protezione, ovvero il centro di identificazione e di espulsione in cui è presente il ricorrente; infine, la competenza è stabilita rispetto al luogo in cui il richiedente ha la propria dimora.
Per quanto attiene, invece, all'articolo 5, che non è stato assolutamente modificato dal Senato, e quindi ci arriva con la stessa formulazione che è stata licenziata in sede di decreto-legge, viene attribuita ai presidenti delle sezioni specializzate la competenza riservata dalla legge al presidente del tribunale.
E, poi, si arriva all'articolo 6, che è sostanzialmente uno dei perni attorno a cui ruota tutto il provvedimento, perlomeno, ripeto, per quanto attiene, ovviamente, alle specifiche competenze e ai profili che vengono in rilievo per quanto riguarda la mia Commissione, cioè la Commissione giustizia, e per quanto riguarda l'ambito della giustizia.
All'articolo 6, infatti, al comma 1, nelle lettere da a) ad e), vengono introdotte modalità più celeri, più rapide, in materia di notificazione degli atti ai richiedenti la protezione internazionale, e quindi a colui che richiede la protezione internazionale, e rispetto alla verbalizzazione dei colloqui innanzi alla commissione nazionale e alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Inoltre, viene introdotta la videoregistrazione e, quindi, viene stabilito che venga videoregistrato il colloquio personale con il quale il richiedente esercita il proprio diritto di chiedere al nostro Paese la protezione internazionale e anche la successiva trascrizione mediante l'ausilio di mezzi automatici di riconoscimento vocale, al posto della tradizionale verbalizzazione.
Ovviamente, come dicevo in sede di presentazione del decreto, questo è uno dei perni attorno a cui ruotano le modifiche introdotte da questo decreto, anche perché l'obiettivo finale è quello, a parità di diritti e nel pieno rispetto delle garanzie costituzionali, di cercare di procedere ad un'accelerazione e a una facilitazione, a rendere più agevoli le procedure giurisdizionali per il riconoscimento della protezione. Quindi, questo è uno dei provvedimenti su cui si incentra tutto il decreto ed è quello, appunto, della nuova e ampia rilevanza che viene assegnata alla videoregistrazione.
Quindi, sempre seguendo nella disamina dell'articolo 6, le lettere b) e c) dispongono, invece, riguardo al colloquio personale del richiedente presso la commissione. Questa nuova disciplina, come andavo dicendo poc'anzi, si incentra sulla videoregistrazione con mezzi audiovisivi del colloquio personale innanzi alle commissioni e anche la trascrizione in lingua italiana grazie all'aiuto di mezzi automatici di riconoscimento vocale.
La videoregistrazione non viene disposta - non viene effettuata, meglio - o quando non è possibile per motivi tecnici, naturalmente, oppure, in virtù di una modifica introdotta nel corso dell'esame al Senato, quando in sede di colloquio è l'interessato, quindi il richiedente la protezione internazionale, a chiedere attraverso un'istanza motivata di non avvalersi della videoregistrazione. In questo caso, introdotto, appunto, dal Senato, la decisione spetta poi, rispetto all'accettazione o al diniego della possibilità di non procedere alla videoregistrazione, alla commissione territoriale stessa.
Qualora il colloquio non possa essere videoregistrato, viene, ovviamente, comunque redatto un verbale sottoscritto dal richiedente e si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 25 del 2008 e ovviamente, anche rispetto al motivo per il quale il colloquio non può essere videoregistrato, viene dato atto nel verbale.
In ogni caso, il rifiuto di sottoscrivere il contenuto del verbale e le motivazioni del rifiuto di sottoscriverlo vengono registrati nel verbale stesso e non impediscono che poi l'autorità adotti una decisione.
Nel caso, invece, ordinario, qualora si sia proceduto con la videoregistrazione, al posto del verbale del colloquio vi è la trascrizione di quanto emerso in sede di videoregistrazione. La trascrizione viene successivamente rivista dal componente della commissione che ha condotto il colloquio, ovviamente insieme al richiedente che è stato soggetto della videoregistrazione con l'interprete.
Il richiedente la protezione internazionale ne ottiene comunque una lettura in una lingua a lui comprensibile, e in ogni caso attraverso l'ausilio di un interprete. Infine, il verbale della trascrizione viene sottoscritto dal presidente della commissione o dal componente della commissione stessa che ha condotto il colloquio e in calce viene dato atto di tutte le osservazioni del richiedente e dell'interprete, anche in merito all'eventuale sussistenza di errori di trascrizione o di traduzione, che non siano stati direttamente recepiti nel verbale della trascrizione.
Il verbale stesso, unitamente alla videoregistrazione di cui sopra, vengono resi disponibili all'autorità giudiziaria entro venti giorni dalla notificazione del ricorso e, sia della trascrizione sia della videoregistrazione, viene conservata una copia informatica presso un apposito registro che viene istituito presso il Ministero dell'interno.
Quindi, questo è l'articolo 6, che, come dicevo poco fa, rappresenta uno dei perni intorno a cui si muove questa nuova disciplina che viene introdotta per cercare di rendere più rapida la definizione del contenzioso piuttosto pesante che si è accumulato in questi ultimi anni rispetto alle richieste di protezione internazionale.
La seconda misura fondamentale, sempre, ripeto, per quanto riguarda le competenze della giustizia, introdotta in questo provvedimento, arriva, invece, nelle lettere successive del medesimo articolo 6, laddove viene disciplinato il procedimento che deve essere seguito ai fini dell'impugnazione dei provvedimenti relativi al riconoscimento della protezione internazionale.
Infatti, a questo riguardo, viene modificato l'articolo 35 del decreto legislativo, più volte citato, n. 25 del 2008 e viene sostanzialmente previsto che per queste controversie si applicherà - si applica, trattandosi di decreto-legge - il rito camerale a contraddittorio scritto e a udienza eventuale, mentre oggi ricordo che si applica il rito sommario di cognizione.
Più specificamente, la lettera f) modifica l'articolo 35 del decreto legislativo n. 25 del 2008, che riguarda le procedure di impugnazione delle decisioni sulla revoca o cessazione dello status di rifugiato, che vengono decise in linea generale con il rito camerale di cui all'articolo 737 e seguenti del codice di rito, e quindi, prevedendo l'applicazione a queste controversie del rito camerale, vi è in questo ambito una deroga esplicita ed espressa a quanto previsto dall'articolo 742-bis del codice di rito, in virtù del quale le disposizioni del codice si applicano a tutti i procedimenti in camera di consiglio che non riguardino materia di famiglia o di stato delle persone. Questa è evidentemente una materia che riguarda lo stato delle persone e quindi viene prevista una deroga esplicita rispetto alla procedura applicabile a queste controversie.
Quindi, tornando più specificamente al procedimento del quale si è parlato poc'anzi come di un procedimento in deroga rispetto a quanto previsto in linea generale, viene trattato in camera di consiglio e per la decisione il giudice si avvale anche delle informazioni sulla situazione sociale, politica ed economica del Paese di provenienza del richiedente asilo, che vengono costantemente elaborate ed aggiornate dalla commissione nazionale per la protezione internazionale. Si tratta, come ricordavo prima, di un rito camerale ad udienza eventuale, poiché l'udienza per la comparizione delle parti non è obbligatoria, ma viene fissata quando il giudice, visionata la videoregistrazione del colloquio personale con il richiedente, ritiene necessario che venga disposta l'audizione dell'interessato oppure ritiene indispensabile richiedere chiarimenti alle parti oppure dispone consulenza tecnica d'ufficio oppure anche l'assunzione dei mezzi di prova.
L'udienza, inoltre, può essere fissata - e questo è un passaggio che è stato introdotto in sede di conversione del decreto in Senato - quando la videoregistrazione del colloquio con i richiedenti non viene resa disponibile o quando l'impugnazione viene fondata su elementi che non sono stati dedotti nel corso della procedura amministrativa di primo grado.
Quindi, il Senato ha qui integrato, richiedendo l'udienza anche quando, su richiesta specifica del ricorrente, il giudice ritenga che la trattazione in udienza sia essenziale ai fini della decisione. Il contraddittorio viene garantito per iscritto: il ricorrente può, infatti, depositare una nota difensiva entro i venti giorni successivi alla scadenza per il termine della notificazione del ricorso e, entro quattro mesi dalla presentazione del ricorso, il tribunale decide sulla base degli elementi esistenti al momento della decisione con un decreto. Ovviamente, la decisione può essere di rigetto del ricorso oppure di riconoscimento al ricorrente dello status di rifugiato o di persona a cui viene accordata la protezione sussidiaria.
Il decreto, anche qui, deroga a quanto previsto con riguardo ai procedimenti camerali e, in generale, all'articolo 739 del codice di procedura civile, non è reclamabile, ma è esclusivamente ricorribile per Cassazione entro il termine di trenta giorni e, in caso di rigetto, la Corte di cassazione decide sull'impugnazione entro sei mesi dal deposito del ricorso.
Come più volte ripetuto, l'articolo 6 è sostanzialmente l'articolo che contiene i due pilastri su cui si basa il nuovo tentativo di garantire una più celere definizione del contenzioso, anche ovviamente mantenendo invariate tutte le garanzie costituzionali che presiedono la necessità di riconoscere a questi procedimenti il più alto grado di copertura e di garanzia rispetto alle domande che vengono fatte, trattandosi e attenendo anche appunto a stato delle persone, diritti personalissimi, come quello riguardo alla propria protezione internazionale.
Vorrei semplicemente sottolineare un paio di aspetti, rispetto alla scelta del Governo di prevedere un unico grado di merito. Nella relazione illustrativa del disegno di legge, che citerò qui testualmente, una delle motivazioni alla base di un provvedimento di questo tipo viene rinvenuta nel fatto che i flussi dei procedimenti di protezione internazionale attualmente registrati presso le Corti d'appello sono tali da non consentire la costituzione di sezioni specializzate presso il giudice di secondo grado. Sempre nella medesima relazione, viene osservato che comunque la mancata previsione dell'appello è pienamente compatibile con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea: viene infatti citata e ricordata nella relazione illustrativa la sentenza resa nella causa Samba Diouf, laddove la Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato che il diritto ad un ricorso effettivo ai sensi della legislazione europea non si riferisce ad un certo numero di gradi di giudizio. Il principio della tutela giurisdizionale effettiva attribuisce quindi al singolo richiedente il diritto di adire ad un giudice, ma non gli attribuisce il diritto a più gradi di giudizio.
La relazione illustrativa fa inoltre riferimento, e quindi ricorda quali siano nei Paesi europei, i sistemi giudiziari dei Paesi membri nei quali le richieste di riconoscimento giurisdizionale sulle decisioni prese sulla protezione internazionale si articolino su un numero variabile di gradi di giudizio. Viene ricordato appunto nella relazione illustrativa che per esempio in Francia, Spagna, Paesi Bassi e Belgio, con riguardo alle controversie in materia di asilo, l'esame è un diritto, viene riservato esclusivamente al primo grado, mentre il procedimento di secondo grado può avere ad oggetto esclusivamente profili di legittimità. Quindi, anche da questo punto di vista, la soppressione del grado di appello per quanto riguarda questa specifica materia, ancorché ponendosi come derogatoria rispetto all'impianto generale del nostro ordinamento civile, si pone assolutamente in linea con quanto previsto dalla normativa europea; inoltre, si pone assolutamente in linea anche con quanto previsto dalla giurisprudenza della nostra Corte costituzionale, poiché il doppio grado di giurisdizione in materia civile non ha, non sembra trovare una specifica copertura costituzionale. Vi è una serie di sentenze che attestano questa massima: una delle più recenti risale al 2013, e si prevede che la garanzia del doppio grado di giudizio (ovviamente non relativamente a questa materia, ma è in relazione in generale al discorso della compatibilità costituzionale del doppio grado di giurisdizione), la Corte costituzionale lo afferma nel 2013, non gode di per sé di una copertura costituzionale, quindi non appare fondato il rilievo sulla incostituzionalità della mancata previsione del doppio grado di giudizio.
Avendo quindi esaminato le principali misure del provvedimento, che sono appunto quelle contenute nell'articolo 6, mi limito a leggere poi le rubriche dei successivi articoli di competenza negli ambiti della giustizia: all'articolo 10 viene modificato l'articolo 20-ter del decreto legislativo n. 30 del 2007, in relazione al diritto dei cittadini dell'Unione europea di permanere e di circolare liberamente nel territorio dello Stato, e viene attribuita la competenza in materia di convalida dei provvedimenti di allontanamento al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale e libera circolazione, di cui all'articolo 1.
L'articolo 11 invece assegna al Consiglio superiore della magistratura il compito di predisporre un piano straordinario di applicazioni extradistrettuali, anche in deroga alle disposizioni in materia di applicazione di magistrati. L'articolo 13 autorizza il Ministero della giustizia ad avviare procedure concorsuali per il biennio 2017-2018, anche attraverso lo scorrimento delle graduatorie in corso di validità.
L'articolo 16 stabilisce che si applichi il rito abbreviato nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative ai provvedimenti di espulsione. E infine, l'articolo 21 disciplina l'applicazione delle disposizioni del decreto-legge e stabilisce i termini di applicazione, prevedendo che al 17 agosto 2017 entrerà in vigore la riforma per quanto concerne il giudice competente.